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martedì 28 settembre 2010

I monaci orientali 3° e ultima parte


San Basilio e i monaci orientali 3°e ultima parte
di Rossana Martorelli


Basilio di Cesarea nacque in Cappadocia, ai confini con la Turchia nel 330, in pieno periodo costantiniano, e muore nel 379. La sua famiglia è cristiana e, oltre a rifugiarsi nel deserto, i monaci orientali facevano vita monastica anche in famiglia, assorbendone i primi insegnamenti. Grazie alla famiglia benestante studiò a Costantinopoli ed ebbe una notevole preparazione culturale. Gli autori classici (Cicerone ed altri), pur essendo pagani erano tenuti in grandi considerazione per lo stile e la retorica e, in alcuni casi, anche dal punto di vista etico. Nella capitale d’Oriente ebbe contatti con i vescovi e maturò esperienze che mise a frutto al ritorno nella città natale. Si staccò dai ruoli importanti e dagli incarichi politici e lasciò la famiglia per recarsi nel deserto, una costante dell’epoca. Venne sensibilizzato a questo tipo di vita e decise di dedicarsi alla vita monastica. Si accorse che non era possibile esprimere al meglio lo spirito monastico senza fare del bene agli altri. Dei monaci del deserto non condivideva lo spirito individualistico e decise di mettere in piedi una comunità, alla quale diede un taglio medico, ospitando i poveri e gli ammalati e fondando la cosiddetta “basiliade”, una sorta di città-ospedale, che diverrà in seguito il nucleo dell’attuale Cesarea. San Basilio ha scritto molte opere e ciò ha decretato la sua fortuna. Le più importanti sono: le regole morali (un manuale monastico) e le costituzioni monastiche (i principi della sua disciplina monastica). I principi fondamentali sono: i monaci sono tutti uguali, non esiste una gerarchia, devono vivere in povertà lasciando tutto al monastero; è previsto un coordinatore che amministra i beni (l’igumeno), offrono assistenza medica, copiano i codici, leggono le Sacre Scritture e pregano. Questa forma di monachesimo, mista fra eremitismo e vita comunitaria, trova fortuna anche in occidente e i monaci al loro arrivo vennero definiti basiliani. Solo con Papa Innocenzo III, intorno al 1200, l’ordine verrà codificato.

Le dediche delle chiese non sono mai casuali, le comunità agiscono per un martire o un santo legato alla comunità stessa; pertanto anche la chiesa di San Basilio è certamente dimostrazione di un legame fra questo monaco orientale e la comunità che si è creata intorno a lui.
Nel paese esistevano già delle strutture termali e gli scavi hanno mostrato ambienti romani di forma quadrangolare, vasche e canali per l’acqua. Nei tratti murari si notano elementi in mattone e in pietra. Il mattone non è comune in Sardegna, le costruzioni erano prevalentemente in pietra già dall’epoca nuragica; pertanto si tratta di materiale di importazione da Roma; infatti avevano il marchio “officine romane”. C’era anche una produzione in Sardegna ma era di poco conto. Una costante sembra essere l’uso del mattone per strutture termali. Quando arrivarono i monaci, alcune parti degli edifici erano crollate e le ricostruzioni furono eseguite in pietra, integrando i ruderi con murature eseguite con ciò che trovavano nelle vicinanze. Le terme sono sempre collegate ad altre strutture, spesso ville, perché i ricchi proprietari terrieri si facevano costruire residenze dove andare a trascorrere il tempo libero e le terme erano un bene di lusso. Essendo legate alla disponibilità dell’acqua durano nel tempo perché vengono utilizzate anche per altri scopi dalle comunità che si alternano nel tempo. Anche a Dolianova abbiamo la stessa situazione.

A San Basilio c’è una grande vasca e si notano modifiche strutturali degli edifici che suggeriscono varie attività legate al monastero. La villa ha diverse entrate mentre i monasteri sono luoghi chiusi e protetti, quindi si verifica spesso che gli accessi siano tamponati per la trasformazione da villa a monastero. La chiesa attuale di San Basilio è successiva al periodo dei monaci, ma è stata edificata dai monaci provenienti da San Vittore di Marsiglia, chiamati dal Giudice di Cagliari, anche se sicuramente la cappella dei monaci orientali si trova sotto le attuali strutture. Quando arrivarono ricevettero la chiesa di San Saturnino a Cagliari, che diventò la sede del priorato. Questa casa madre aveva una serie di filiazioni sparse nel territorio del Campidano fino ad arrivare nel Sulcis-Iglesiente. Attualmente San Basilio si presenta con un’unica navata ma all’inizio aveva due navate. Sono stati tamponati alcuni archi ed è stata aperta una finestrella. Le chiese a due navate sono molto comuni in Sardegna e in Corsica. Visto che nella liturgia latina la chiesa riproduce la forma della croce, normalmente si presenta con un unico lungo ambiente diviso in navate dispari, nel transetto si trovano l’altare e l’abside che rappresenta la testa della croce, dove stava la testa di Cristo. Le chiese a due navate non hanno centralità e ci si chiede il motivo di questa scelta. Essendo numerose, qualcuno ha pensato che una navata fosse dedicata al battesimo e l’altra alla liturgia, oppure che una delle navate fosse la cappella di un martire. Nel caso delle chiese monastiche si è ipotizzato che una delle navate fosse per i monaci e l’altra per i fedeli. A Cagliari, in Viale Buoncammino, c’è un’altra chiesa a due navate, dedicata ai santi Lorenzo e Pancrazio.
In conclusione possiamo affermare che una comunità di monaci orientali, vicina alle regole di San Basilio, si è stabilita nel territorio del paese di San Basilio, un luogo importante dal punto di vista militare ed economico. A Donori è stata trovata una lastra con scritte delle norme per i commercianti che dalla Trexenta si recava nel porto di Cagliari per vendere le merci. Sono menzionati vegetali e carne, e potevano essere consumati nella città o imbarcati per raggiungere mete lontane, ai tempi dell’imperatore Maurizio, quindi fra la fine del VI e l’inizio del VII secolo, gli stessi anni in cui arrivano i monaci orientali. Resta ancora da dire che molti luoghi frequentati dai monaci orientali sono riconoscibili dalle pitture perché la simbologia e i soggetti sono caratteristici, pertanto quando gli archeologi sono fortunati e riescono a portare alla luce frammenti di intonaco o elementi che riportano tracce colorate si riesce spesso a ricostruire un pezzo di storia della comunità.

Fonte: Atti del convegno di San Basilio nella rassegna "Viaggi e Letture" a cura di Pierluigi Montalbano

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