Diretto da Pierluigi Montalbano

Ogni giorno un nuovo articolo divulgativo, a fondo pagina i 10 più visitati e la liberatoria per testi e immagini.

Directed by Pierluigi Montalbano
Every day a new article at the bottom of the 10 most visited and disclaimer for text and graphics.
History Archaeology Art Literature Events

Storia Archeologia Arte Letteratura Eventi

Associazione Culturale Honebu

Translate - Traduzione - Select Language

venerdì 8 agosto 2014

L'antico rame del Mediterraneo giungeva dal Michigan?

L'ANTICO RAME DAL MICHIGAN AL MEDITERRANEO
Isle Royale e Penisola Keweenaw, c. 2400 a.C.-1200 a.C.
di Jay Stuart Wakefield
(MeS loc. Box 3392, Kirkland W A 98083 -3392 USA)
e-mail: javswakeiield@yahoo.com 


Recentemente, la letteratura scientifica ha appurato che la maggior fonte di rame che alimentò l’Età del Bronzo europea dopo il 2500 a.C. è ignota. Tuttavia, quegli studi dichiarano che le dieci tonnellate di lingotti di rame a forma di pelle di bue recuperati dal relitto naufragato di Uluburun, della tarda Età del Bronzo (1300 a.C.), al largo della costa della Turchia, era "straordinariamente puro" (oltre il 99.5%), e che non era il prodotto della raffinazione del minerale locale. Tutti i lingotti a forma di pelli di bue sono "contenitori di rame" sporchi, con vuoti e scorie, e si formavano ossidi quando i minerali erano conservati all’aperto, tra zone umide e fuochi di legna. Solo il rame del Michigan possiede una tale purezza, e si sa che è stato cavato in enormi quantità durante l’Età del Bronzo.

La geologia del rame
Il rame è ritenuto il metallo più comune sulla faccia della Terra, dopo il ferro. Tuttavia, la maggior parte di esso si trova in basso grado di purezza nei minerali nativi e richiede una sequenza di operazioni per concentrarlo. I minerali nativi sono del tipo "ossidato", che includono la cuprite, e carbonati (malachite) e sono generalmente green o blu. Si possono ridurre a rame metallico con il semplice riscaldamento su carbone. I minerali del tipo "ridotto" sono solfati e fosfati (calcocite, chalcopirite, tetrahedrite), e non sono immediatamente identificabili nei giacimenti, e richiedono di essere arrostiti per convertirli in lingotti, che poi vengono ridotti per produrre il metallo. Ci sono diversi luoghi nel mondo in cui si trova il rame allo stato pure in piccoli depositi, ma esso è generalmente incapsulato in una matrice rocciosa, dalla quale deve essere liberato con gran fatica. Oggi si usa frammentare grandi volumi di roccia e trattarli, per ottenere il metallo. 
La geologia unica del rame del Michigan 
Durante le prime età della Terra, grandi vulcani eruttavano lave sull’area dei Grandi Laghi. Quando nuovi sedimenti si depositarono su quelle lave, le soluzioni di rame si andarono cristallizzando, nei basalti e negli strati di lava del periodo Precambriano. Il rame si cristallizzava in noduli e masse irregolari lungo zone di frattura ampie da pochi centimetri a un metro. In un miliardo d’anni, circa un quarto dell’età della Terra, ci furono quattro grandi glaciazioni sopra i letti di lave e di basalti, che esposero i filoni di rame in essi nascosti (Fig.2, disegno in alto). Isle Royale e la Penisola Keweenaw rimasero come alte creste di basalto vulcanico. Alle erosioni provocate dai ghiacciai, seguì l’esposizione superficiale del materiale più duro, il metallo, e poi lo scivolamento dei terreni provocato dalle acque glaciali che fondevano. Ciò lasciò in superficie molti noduli minerali d’ogni misura, nelle grandi pinete. Il minerale era chiamato "Ooat copper", perché era come se fosse venuta in superficie per galleggiamento. Noduli di rame erano scoperti, brillanti, lungo le spiagge di IsIe Royale. La cristallizzazione prolungata, seguita dall’esposizione glaciale, costituiva una sequenza unica d’eventi. Quando fu sfruttato, quel rame condusse l’uomo dall’età della pietra sino all’era industriale. Il milione di tonnellate estratto nella preistoria fu seguito dai 15 milioni di tonnellate estratti nell’età industriale in America, a partire dal tardo 1800. 

Il rame del Vecchio Mondo 
La maggior parte del rame europeo fu raffinata dai giacimenti a partire dal 4460 a.C. Quei giacimenti hanno raramente una concentrazione di metallo superiore al 15% e contengono molte tracce di elementi contaminanti, come il piombo (19).

Gli oggetti di bronzo che si ritrovano sono solitamente composti da teste d’ascia spezzate, miscellanee d’altri oggetti e frammenti, che riciclavano il metallo utilizzabile. Il libro di Henderson (19) riporta uno studio tedesco che compì 12.000 analisi chimiche degli oggetti contenenti rame, con lo scopo di identificarne “le manifatture”. Non riuscirono nell’intento, ma notarono che “i pezzi che contengono poche impurità, nell’Inghilterra sud-orientale e nella Francia del nord, possono essere collegati all’esistenza di lingotti di rame, con poche impurità”. Barber (28) dice che “frammenti di lingotti (o pani) sono un modo comune di fusione usato nella tarda Età del Bronzo, e spesso contengono rame puro, privo d’elementi in lega”. Barber (25) dice che solo una miniera delle Isole Britanniche (Great Orme) mostra segni di attività nelle prima Età del Bronzo. Burgess (16) dice dell’Età del Bronzo nelle Isole britanniche che “la cosa notevole è che la metallurgia sembra essere iniziata nel sud-est, apparentemente prima che in tutto il resto della Britannia, (benché) nel sud-est non ci siano giacimenti”. 

I minatori di rame del Michigan
Si stima che circa un milione di tonnellate (1) di rame fossero estratte in decine di migliaia di forni sull’Isle Royale e sulla Penisola Keweenaw nel Michigan, da antichi minatori, in un periodo d’un migliaio d’anni. La datazione col radiocarbonio del legno presente nelle fosse ha datato l’attività mineraria al periodo 2450 – 1200 a.C. Ufficialmente, nessuno sa dove andasse a finire il rame proveniente dal Michigan. Tutti gli oggetti ritrovati dell’”antica cultura del rame” potrebbero essere stati realizzati con uno soltanto di quei grandi massi. Una targhetta, nel Museo dell’Età del Bronzo di Londra, dice: “dal 2500 a.C. circa, l’uso del rame, prima limitato a parti del Sud Europa, improvvisamente si sviluppò attraverso il resto del Continente”. Nessuno sembra sapere da dove il rame arrivasse all’Europa.
Le leggende indiane narrano che le miniere erano gestite da “uomini del mare” dai bei capelli. Insieme ad attrezzi di legno e martelli di pietra, è stata trovata una borsa fatta di pelle di tricheco (1). Un gran masso di rame fu ritrovato in fondo ad una fossa profonda, riempita di legno di quercia, che si era conservato in condizioni anaerobiche per più di 3000 anni. Furono ritrovati e studiati alcune abitazioni e siti di giardini. Si pensa che la maggior parte dei minatori si ritirasse ad Aztalan (presso Madison, Wisconsin) e in altri luoghi a sud, all’arrivo dei crudi inverni del Lago Superiore. Sembra che l’attività mineraria sia cessata all’improvviso, che i minatori se ne siano andati un giorno e non siano più ritornati. È stato trovato un petroglifo con l’immagine di una delle loro navi in navigazione.
Durante i mille anni di funzionamento delle miniere, alcuni dei minatori devono aver esplorato il continente verso ovest, come appare dagli scheletri stranamente grandi trovati in molti luoghi, come i giganti dai capelli rossi arrivati in barca alla Grotta Lovelock sul Lago Lahontan (Nevada), trovati nel 1924 insieme a reti da pesca e richiami per anatre (77). C’è un’evidenza di “tracce biologiche” del traffico a piedi avanti e indietro per il continente, più di 3000 anni prima della spedizione di Lewis e Clark. Huber (27) descrive la “notevole” presenza dell’arbusto Devil’s Club (bastone del Diavolo) a Blake Point, la punta settentrionale dell’Isle Royale, e sulla Passage Island, più al largo, e anche sugli isolotti intorno a Rock Harbor, sull’Isle Royale. L’habitat usuale di questa pianta è nei burroni delle foreste pluviali di conifere nel nord-ovest, verso il Pacifico. Huber afferma che esso non appare altrove, ad est delle Montagne Rocciose. Questa pianta ha foglie giganti, con spine al di sotto, e ciuffi di spine temibili. È tradizionalmente usata in medicina, contro il diabete, i tumori e la tubercolosi, con proprietà confermate da studi moderni. Si direbbe che fosse stata portata in una borsa di medicine sino a quella remota isola del Lago Superiore in tempi antichi, e i luoghi in cui il Devil’s Club si trova ci mostrano dove i minatori andassero a curarsi. 


Argento nel rame
Pezzi del rame “nativo” del Michigan contengono talvolta cristalli d’inclusione d’argento, inclusi meccanicamente ma non in lega, che sono detti “rame meticcio”. Nelle miniere commerciali, si dice che i minatori tagliassero quei noduli d’argento con i loro coltelli per portarseli a casa. La presenza di noduli d’argento in attrezzi della “Antica cultura del Rame” mostra che essi erano realizzati a colpi di martello, con quella che si definisce “lavorazione a freddo”. Le armi e gli oggetti realizzati a martellate, nei tumuli Hopewell, talvolta “mostrano frammenti d’argento, come si trova solo nel rame del Lago Superiore” (69). Apparentemente, un caso di identificazione tramite l’inclusione d’argento è capitato oltremare. In una lettera del 1° dicembre 1995, Palder Jenkins, storico di Glastonbury, scrisse: “Ho incontrato il proprietario del terreno che contiene un cerchio megalitico, chiamato Merry Maidens, nell’estremo occidente della Cornovaglia. Mentre ripuliva il terreno, ha trovato una punta di freccia, che ha inviato al British Museum per l’identificazione. La risposta è stata la datazione a 5000 ani fa e la provenienza: Michigan, USA”. (76)

Analisi degli elementi in traccia
Il legno brucia a 900°C e il carbone a più di 1000°C, ma i forni ad aria forzata sono più caldi e raggiungono il punto di fusione del rame, a 1084°C. La fusione del rame cristallizzato e il suo travasamento negli stampi di fusione (fatti a forma simile a quella d'una pelle di bue scuoiato) per il commercio, ovunque si facesse, era il primo momento di contaminazione. La nuova fusione, per modellarlo in altri stampi, può comportare l’uso di fondenti e la contaminazione con carburante, l’aggiunta di attrezzi usati e rotti e l’aggiunta di arsenico o stagno.
Poiché i metalli contengono sempre tracce d’altri elementi, si pensava di poter seguire il percorso del rame guardando quali elementi fossero contenuti in traccia. I sei primi studi riferiti da Griffin (25) affermano tutti che il rame nativo conteneva il 99,92% di rame. Rapp et al. (8,53) riferiscono che usando elementi-traccia come “impronte digitali”, in particolare sui campioni provenienti dal Lago Superiore, può fornire una probabile indicazione di origine geografico/geologica. L’opera di Hancock et al. (47) ha nuovamente mostrato che il rame nativo, incluso quello del Michigan, conteneva più bassi livelli d’arsenico, di stagno, d’oro e specialmente di cobalto, degli oggetti fatti con il rame europeo. Il British Museum ha registrato “tracce generalmente basse di altri elementi contenute nei nostri oggetti egizi” (2). Anni fa, l’autore ha raccolto alcune asce europee di rame e di bronzo, pensando che potessero costituire esempi per le analisi degli elementi in traccia. Sfortunatamente, l’esame dei campioni è valido solo per gli oggetti realizzati a martellate e non per quelli fusi. L’esame degli oggetti fusi, pieni di contaminanti mescolati durante la manifattura, non è per lo più stato utile. Dobbiamo esaminate gli oggetti meno alterati, come i lingotti in cui il rame veniva modellato per il trasporto commerciale. 

I lingotti di Uluburun
Nell’eccellente studio di 30 pagine, pubblicato nel 2002 da Hauptmann et al., sulla “Struttura e composizione dei lingotti del 1300 a.C. provenienti dal relitto di Uruburun” (54), gli autori affermano che “il cargo rappresenta il ‘mercato mondiale’ del metallo grezzo nel Mediterraneo. Il relitto conteneva 354 lingotti a forma di pelle di bue e 121 discoidi, o lingotti-focaccia, in tutto dieci tonnellate di rame. Inoltre, fu recuperata una tonnellata di lingotti di stagno, in 120 pezzi e frammenti, il che corrisponde pressappoco al rapporto rame/stagno nei bronzi classici”. Lo scafo di legno di cedro fu gravemente danneggiato da una collisione con la riva, ma parte del legno si salvò dalla corrosione provocata dai lingotti di rame. Quei lingotti ora si trovano al Museo d’Archeologia Subacquea, a Bodrum, Turchia, insieme ai lingotti provenienti dal relitto più tardo ritrovato a Capo Gelidonya. Sono più lingotti di quanti ne siano conservati in tutti gli altri musei e collezioni private, messi insieme. Alcuni lingotti a pelle di bue sono stati scavati nelle rovine minoiche di Hagia Triadha a Creta (databili al 1550–1500 a.C.), e altri sono stati trovati in Sardegna, a Cipro, nel Delta del Nilo, in Turchia e in Bulgaria. La ricercatrice Zena Halpern (71) riferisce: “Ho visto mucchi di lingotti di rame nel Museo Marittimo di Haifa, Israele”. “Barre metalliche a forma di pelli di bue datate verso il 1700 a.C. sono state trovate a Falmouth in Cornovaglia” (78). Le tombe dipinte del Nuovo Regno egizio e i rilievi dei templi mostrano un gran numero di lingotti di rame, ma uno solo è stato ritrovato in Egitto, per cui gli altri furono consumati e usati. (23)
Per molti anni, la comunità archeologica ha pensato che gli studi sugli isotopi, condotti da un gruppo di Oxford, Gale et al. (23, 35, 44, 56), avessero provato che tutti i lingotti provenissero da Cipro. Nel 1998 il gruppo di Gale (56) aveva esaminato “circa un migliaio di isotopi di minerali e di lingotti, inclusi una sessantina di lingotti di Uluburun” (ma non esaminarono nemmeno un solo campione di rame del Michigan). Lo studio riferisce che “i lingotti di Uluburun sono per più del 99,95% di rame puro”.
Nello studio di Hauptmann, un cesello d’acciaio fu usato per tagliare pezzi dalla superficie di 151 campioni di lingotti di Uluburun, e tre pelli di bue e uno a focaccia furono perforati all’interno. Il rapporto dice che gli esempi mostravano un volume poroso, tipico del “rame blister””, che “supera di gran lunga le idee precedenti sulla loro struttura interna, con vuoti che raggiungono e superano il 20%, specialmente nella parte superiore dei lingotti. In generale, cavità come queste, chiamate “spratzen”, sono causate dall’effervescenza di gas (ossigeno, monossido e biossido di carbonio), derivanti dall’acqua che evapora nel carbone che brucia. Ciò è in contrasto col rame prodotto in altri periodi e in altre località. Tutti i lingotti contengono inclusioni spigolose di schegge di silicati di ferro, fatto compatibile con le rocce naturali allo stato solido, colpite da alte temperature. Esse potrebbero essere rimosse con ripetute fusioni, ma, pur se questa era la procedura usuale… in molti siti metallurgici del centro e del sud dell’Africa, i lingotti di Uluburun non furono trattati in questo modo. La forma spigolosa delle schegge e inclusioni, la struttura, e l’esistenza di scorie, indicano che il rame colava nello stampo quando le schegge si erano già solidificate… Le interfacce della struttura cristallina dei lingotti indicano diversi bagni durante la fusione. Quasi tutti i campioni presentano cuprite (Cu2O), distribuita in percentuali variabili tra i lingotti, associata con ampi vuoti. La cuprite formata dalla corrosione marina non penetra per più di 5 mm ca. Un’atmosfera ricca d’ossigena, necessaria per produrre cuprite in modo sostanziale, non prevale durante la fusione del minerale (arrostito). Possiamo quindi escludere la conclusione che i lingotti consistano di rame grezzo, fuso in una fornace di fusione. La maggior parte del minerale reperibile a Cipro è calcopirite e le impurità di solfati sono abbastanza difficili da eliminare, ma questi solfiti non compaiono nei lingotti di rame esaminati”.
Lo studio di Hauptmann conclude che “da un punto di vista chimico, la purezza dei lingotti è straordinaria in confronto con altri tipi di rame proveniente dal Wadi Arabah (molto piombo), dal Caucaso (molto arsenico), dall’Oman (molto arsenico e nickel). I lingotti sono fatti di rame puro e mostrano tutti una composizione omogenea. Dalla nostra ricerca metallografica, possiamo escludere una purificazione voluta e anche un processo di raffinazione per produrre i lingotti. Vediamo scarse indicazioni che possano essere stati aggiunti rottami di bronzo, vista la bassissima concentrazione di stagno, e l’assenza di bolle di gas o inclusioni di schegge. I lingotti forniscono la spiegazione per la questione che ci tormentava di come un lingotto d’un metallo, così duttile come il rame, potesse essersi rotto in pezzetti piccoli, come quelli scavati a centinaia in Sardegna. Due caratteristiche emergono nei lingotti di Uluburun: la presenza di un grado sostanziale di porosità e un’alta concentrazione di inclusioni di ossido di rame, che lo rendono fragile. La sola caduta dei lingotti su una superficie dura potrebbe romperli”.
Uno studio di 32 pagine di Buddy et al. (55) ha aggiornato l’intero lavoro e afferma “tutti i lingotti a pelle di bue sono composti di rame essenzialmente puro… Nessuna conclusione significativa sulla provenienza può attualmente essere formulata dal confronto tra le tracce di elementi nei lingotti a pelle di bue, nei minerali e negli oggetti di Cipro e della Sardegna… Non sorprende che l’unico stampo per lingotti a pelle di bue mai ritrovato, a Ras Ibn Hani, in Siria, nel 1983, fosse circondato da goccioline con la stessa segnatura isotopica della gran maggioranza dei lingotti a pelle di bue. Il rapporto di Gale del 1989 (35) conclude che i lingotti di Hagia Triadha a Creta “non sono certamente stati fatti di rame cipriota”, e che la provenienza del rame non può essere identificata. Dickinson, autore di Aegean Bronze Age(1), afferma: “I lingotti a pelle di bue provengono dall’esterno dell’area egea. Quando sono stati provati, sono stati identificati come metallo non egeo”.

Dove andava il rame?
Enormi ordini d’armi di bronzo sono registrati sulle tavolette d’argilla scavate, dell’Età del Bronzo, con decine di migliaia di spade. I soldati romani indossavano nella loro uniforme circa ventidue chili di bronzo. Statue e strumenti musicali, carri, arredamenti e vasellame erano fatti di rame e di bronzo. Persino la decorazione delle stanze era fatta di rame e di bronzo. Dopo che il bronzeo Colosso di Rodi fu distrutto in un terremoto nel 226 a.C., fu venduto a un mercante che usò circa 1200 cammelli per portarne i pezzi in Siria (13). “Solo dal 5% delle tavolette di Karum Kanesh, sappiamo che 110 asini portavano 15 tonnellate di stagno nell’Anatolia, abbastanza per produrre (al 5-7% di contenuto di stagno) 200-300 tonnellate di bronzo”. (23)

I commercianti minoici
Diversi gruppi erano coinvolti nell’attività mineraria, nel trasporto e nel commercio del rame, tra gli Egizi, i popoli megalitici della costa occidentale d’Europa, gli abitanti di Atlantide, i Minoici. I Minoici avevano la reputazione di controllare il commercio del rame nel Mediterraneo orientale. “È nel nuovo periodo palaziale, nell’Età del Bronzo della Creta minoica, che troviamo un’ampia crescita demografica, specialmente nelle città costiere che si sviluppano e in alcuni casi circondano mini-palazzi, lussuose case urbane isolate e raffinate ville di campagna… Ville e case di Agia Triadha e Tylissos contenevano lingotti di rame e tavolette scritte in Lineare A, insieme a ricchi oggetti di bronzo. L’abilità dei minoici nella produzione di armi metalliche non si limitava alle lunghe spade, ma includeva spade corte, solide daghe lunghe e lance e punte di freccia, e tutte queste armi fecero la loro prima apparizione nell’Egeo a Creta”… La Creta neo-palaziale è estremamente ricca di bronzo, ma molto povera in risorse di rame e naturalmente del tutto priva di miniere di stagno”. (23). La Newberry Tablet di Newberry, Michigan è un sillabario cipriota/cretese. La scrittura cretese può essere stata alla base del sillabario di Cree (7) e della scrittura Maya (3). La “Caverna dei Glifi” sul fiume Ohio aveva immagini di persone vestite che “ricordano singolarmente gli abiti dei minoici, che si vedono negli affreschi di Knossos a Creta” (79). Un vaso minoico è stato scavato in Louisiana. Gli Olmechi stendevano mosaici a La Venta (Messico) sull’asfalto, la stessa tecnica che si usava a Creta (3). Lo scavo dei ricchi oggetti della tomba di Hallstatt mostra che i commercianti portavano i vasi minoici e i vasi di rame e di bronzo per scambiarli con il sale. Sembra che l’élite dirigente di Hallstatt facesse parte dei controllori del rame del Michigan, così come gli Egizi. 

Riferimenti bibliografici
1. Drier, R.W., Du Temple, 0.1., Prehistoric Mining in the Lake Superior region. A Collection of Reference Articles, reprinted privately January 2005, #367
2. Davies, W.V., Catalogue of Egyptian Antiquities in the British Museum, VII, Tools and Weapons. Axes, British Museum Publications, London, 1987 (ISBN 07141 09347)
3. Bailey, 1., Sailing to Paradise, The Discovery of the Americas by 7000 BC, Sirnon & Schuster, New York, 1994, (ISBN 0-684-81297-5)
4. Rydholm, C.F., Michigan Copper, The Untold Story. A History of Rediscovery, Winter Cabin Books, Marquette, 2006 (ISBN 0-9744679-2-8)
5. "Michigan's Copper Country, The History of Copper Mining in Michigan's Upper Peninsula, featuring cooperating sites of the Kaweenaw National Historical Park", The History Channel, DVD, www.keweenawvidoo.com
6. TerHaar, C., "IsIe Royale Impressions, Video DVD ofthe Wildlife, Moods, and Scenery ofIsle Royale National Park, set to Music", Mackinac Scenics, 803 Islington Rd., Cedarville, Mi 49719,2004
7. Jewe Jl, R1., Ancient Mines of Kitchi-Gumi, Cypriot-Minoan Traders in North America, Jewell Histories, Fairfield Pa., 2nd Ed, 2004 (ISBN 0-9678413-3-X)
8. Scott, DA., and Meyers, P., Archeometry of Pre-Columbian Sites and Artifacts, The Getty Conservation Instiulte, Los Angeles, 1994, (ISBN 0-89236-249-9)
9. O'Brien, W., Bronze Age Copper Mining in Britain and Ireland, Shire Publications Ltd., Buckinghamshire, 1996 (ISBN0747803218)
10. Scheel, B., Egyptian Metalworking and Tools, Shire Publications Ltd., Aylesbury, 1989 (ISBN 0 7478 0001 4)
11. Martin, S.R., Wonderful Power, The Story of Ancient Copper Working in the Lake Superior Basin, Wayne State Univ. Press, Detroit, 1999 (ISBN 0-8143-2843-1)
12. Trevelyan, A.M., Miskwabik, Metal of Ritual, MetaIlurgy in Precontact Eastem North Americib U. Press of Kentucky, Louisville, 2004 (ISBN 0-8131-2272-4)
13. Childress, D.H., Lost Cities of Atlantis, Ancient Europe & the Mediterranean, Adventures Unlimited Press, Stelle, Ill., 1996 (ISBN 0-932813-25-9)
14. Taylour, L.w., The Mycenaeans, Thames & Hudson, 1964 and 1983, New York (ISBN 0-500-27586-6)
15. Milner, G.R , The Moundbuilders, Ancient Peoples of Eastem North Americib Thames and Hudson, London, 2004, (ISBN 0-500-28468-7)
16. Burgess, C., The Age of Stonehenge, Castle Books, Edison, N.J.,1980-2003 (ISBN 0-7858-1593-7)
17. De Jonge, RM., and Wakefield, J.S., How the Sun God Reached America c. 2500 BC, A Guide to Megalithic Sites, MCS., Kirkland, Wa. 2002 (ISBN 0-917054-19-9)
18. Whittlesey, C., Ancient Mining on the Shores of Lake Superior, Smithsonian Contributions to Knowledge, 1862, reprinted 2007 Gustavs Library, Davenport Iowa, no ISBN
6 19. Henderson, J., The Seience and Archaeology of Materials, An Investigation of Inorganic Materials, Routledge, New York, 2000, (ISBN 0-415-19934-4)
20. Halsey, J R., Miskwabik -Red Meta!, The Roles Played by Miehigan's Copper in Prehistorie North America, Miehigan Dept of State, no date, publisher, or ISBN
21. Diekinson, 0., The Aegean Bronze Age, Cambridge University Press, New York, 1994 (ISBN 0-521-456649)
22. Sehertz, J.P., 01d Water Levels and Wate/Ways During the Aneient Copper Mining Era Cabout 3000 BC to 1000 ~, 1999, noISBN
23. Gale, N.H. Bronze Age Trade in the Mediterranean, Papers Presented at the Conference held at Rewley House, Oxford, 1989, Studies in Mediterranean Archaeology Vol.XC, Paul Astroms Forlag, 1991, no ISBN, Weiner, M.H., "The Nature and Control of Minoan Foreign Trade"
24. Isle Royale National Park, National Geographie Trails Illustrated Map, www.nationalgeogrnphic.com/maps
25. Griffin, J.B., Lake Superior Copper and the Indians: Miscellaneous Studies of Great Lakes Prehistory, Anthropological Papers, Museum of Anthropology, University of Michigan No.17, Ann Arbor, 1961
26. Rothenburg B ., Tyleeote, R.F., BoydelI, P.J., Chaleolithie Copper Smelting, Excavations and Experiments, Archaeo-Metallurgyl Number One, Institute for Archaeo-Metallurgical Studies, London, 1978,(ISBN 0 906183006)
27. Huber, N.K., The Geologie Story of Isle Royale National Park, Formerly U.S. Geologic Survey Bulletin 1309, 1983-1996, Isle Royale Natural History Assoeiation, Houghton, Mi (ISBN 0932212-89-1)
28. Barber, M., Bronze and the Bronze Age, Metalworking and Soeiety in Britain c.2500-800 BC, Tempus, Gloustershire, 2003 (ISBN 0-752425072)
29. Moore, C.N., Bronze Age Metalwork in Salisbury Museum, Salisbury and South Wiltshire Museum Occasional Publication, 1972, no ISBN
30. Gore, R., "Men of the Sea, A Lost History, Who were the Phoenicians?, National Geographic, Oetober 2004, nationalgeographic.com/magazine
31. Wood, DJ., "Bronze Age Michigan" a final of 3 parts, Ancient American, Vo1.8, no.51, p. 21
32. Rydholm, F., "Old World Copper Miners of Ancient Michigan" a final of 3 parts, The Barnes Review, July/Aug. 2002 V l.VIII, No.4, pg.37
33. "Missing Link Discovered", Aneient American, Issue #12, pg.l4
34. Carter, G.F., and Razi, H., "Chemical Composition of Copper-Based Coins of the Roman Republic, 217 -31 BC", Ameriean Chemieal Soc. Advances in Chemistry Series 220, Archaeological Chemistry IV, 1989, pg. 213
35. Gale, N.H., and Stos-Gale, Z.A., "Bronze Age Archaeometallurgy of the Mediterranean: The Impact of Lead Isotope Studies", American Chemical Soc. Advances in Chemistry Series 220, Archaeological Chemistry IV, 1989, pg.160
36. Great Lakes, National Geographic Society, 1987
37. Ozment,K., "Journey to the Copper Age", National Geographic, Vol. 195, No.4., April 1999 pg.70
38. Marquis, A.L., "Fighting Gravity, Saving What Remains of Michigan's 19th Century Copper Industry", National Parks, winter 2009, pg. 14
39. Carter, L.o., and Cheesrnan, P.R., "Michigan's Mound Builders, Historieal Background ofthe Soper-Savage Colleetion ofInscriptions and Photographs", Ancient Arnerican, Issue #53, pg.2
40. Avery, R., Copper Country -God's Country, Avery Color Studios, 1973, no ISBN
4l. Pleger, T.C., "The Old Copper Cornplex ofthe Western Great Lakes", 2000, WW\\!. fox. u wc.edu/dc:mt'lltpleger!oldcopper.html
42. Viegas, J., "Ancient Metalworking Recreated", April 2005, www.disc.dlscovcry.comln..:wslbriefsI20050S0425/metalworking.hlml
43. Wagner, H., ' Wiconsin 's Ancient Copper Miners", Frorn Wisconsin Outdoor Journal, Ancient American, No. 75
44. Stos-Gale, ZA, Maliotis,G., Gale, N.H., and Annetts, N., '1.,ead Isotope Characteristics of the Cyprus Copper Ore Deposits Applied to Provenance Studies of Copper Oxhide Ingots", Archaeometry, Vo1.39, Issue 1 Feb 1997, Pg.83-123
45. Aekley, J., Strauss Center for Conservation, Harvard Univ. Art Museums, personal email re: Knapp, S., "Mystery in Bronze", Dartrnouth Life, Pg.4, April 2003
46. Freeman,A.M., "Copper Artifaets: Correlation with Source Types ofCopper Ores", Science, Vol. 152,1996, pg 1504
47. Hancock, R.G.V., Pavlish, L.A., Salloum, R.M., Fox, WA, Wilson, G.C., "Distinguishing EUIopean Trade Copper and North-Eastern North Arnerican Native Copper", Archaeornetry 33, 1991 69-86
48. Fitzgerald, W.R., Ramsden, P.G., ''Copper Based Metal Testing as an Aid to Understanding Early EuropeanAmerindian Interaction: Scratching the Surface", Canadian Journal of Archaeology, Vo1.12, 1988
49. Martin, S.R., "The State of Our Knowledge about Ancient Copper Mining in Michigan", The Miehigan Archaeologist, 31 (2-3): 119-138
50. Guerra, M.F., "Analysis of Archaeological Metals. The Place ofXRF and PIXE in the Determination of Technology and Provenance", X-Ray Spectrornetry, Vo1.27, 73-80,1998
51. Budd, P., "Seeking the Origins ofBronze TooIs", British Archaeology, No.36, July, 1998: Features
52. ''Uluburun Shipwreck", hnp:ll ulubunm-shipwrcck.area51.inupdatcr.com
53. Rapp, G. Jr., Allert, J., Hendrickson, E., "Trace Element Discrimination ofDiscrete Sources ofNative Copper", American Chemical Society, 14, pg.270-293, 1984
54. Hauptmann, A., Maddin, R., Prange, M., "On the structure and Composition of Copper and Tin Ingots Excavated from the Shipwreck ofUluburun", American Schools ofOriental Research, Bulletin No.328, pgs.I-30, Nov.2002
55. BlIdd, P., Pollard, A.M., Scaife, B., Thomas, R.G., "Oxhide Ingots, Recycling and the Mediterranean Metals Trade", Journal of Mediterranean Archaeology, Vo1.8, Issue 1, 1995 pgs.I-32, ISSN: 0952-7648
56. Stos-Gale, Z.A., Gale, N.H., Bass, G., Pulak, C., Galili, E., Sharvit, J., "The Copper and Tin Ingots ofthe Late Bronze Age Mediterranean: New Scientific Evidence", Proceedings ofthe Fourth International Conference on the Beginning ofthe Use of Metals and Alloys (BUMA-IV), The Japan Institute of Metals -Aoba, Japan, 1998, pp. 115-126
57. Salter, C.J., Northover, J.P., Jones, S., "Study of possible Bronze Age copper smelting debris from the Great Orme, Gwynedd, Wales", Gwynedd Archaeological Trust, Current Research Projects, Oxford Material Science Based Archaeology Group Index (abstract)
58. Ixer, RA., "The Role ofOre Geology and Ores in the Archaeological Provenancing of Metal s", htto:/lwv.w.rosichardmfln.com/harvard.htm
59. Joel, E.C., Sayre, E., Vocke, R., "Statistical Evaluation of the Lead Isotope Data on Geological Ore SampIes from Western and Central Europe", Smithsonian Center for Materials Research and Education, SCMRE Research Report FY 1993: Historical Archaeology, http://www.si.edu/scmre.labolltl93histarch.htm
60. Srinivasan, S., "The Use of Tin and Bronze in Prehistoric Southern Indian Metallurgy", JOM, JlIly, 1998
61. Ancient Cyprus Web Project, Bibliographies: Metallurgy 1990s, http://www.ancientcvpruc.liC.ul bibliograph icslmctal90.asp
62. Cherry, J.F., "Economy & Trade in the Later Bronze Age Aegean and East Mediterranean", Graduate Seminar, http://protcus.brown.edu/bronzeageeconomy/home
63. Goodway, M., "Metals in Antiquity", Smithsonian Center for Materials Research and Education, hltp://wwww.socarchsci.orwbulletinJ980919809g.htm
64. Arch-Metals Archaeo-Metallurgical Bibliography, http:i1us<"TWx.ac.uk/ -saJt~'T/arch-metalsim<;t-bib-ak.hlm
65. Bass, G.F., and Pulak ,C., "Bronze Age Shipwreck Excavation at Uluburun"', hltp:llinn tamu.edufub main.htm
66. Budd, P., "Seeking the origins of bronze tools", British Archaeology, No.36, July 1998 Features
67. Viegas, J., "Ancient Metalworking Recreated, Ancient Metalworkers Burned Out of History", Discovery News, http://dse.discovery.com/newstbnetSi20050425l mctalworking.html
68. Friedman, A.M., Conway, M., Kastner, M., Milsted, J., Metta, D., Fields, PR, Olsen, E., "Copper Artifacts: Correlation with source Types of Copper Ores", Science, Vol 52, 10 June 1966, pg 1504-06.
69. Cornell, M.F., Prehistoric Relics of the Mound Builders, Battle Creek, Michigan, 1892
70. Rapp, G., Copper Project Database, Archaeometry Laboratory, 214 RLB, University of Minnesota, Duluth, 55812
71. Halpern, Z., personal email 1011612007
72. Glascock, MD., Archaeometry Laboratory, University of Missouri Research Reactor, Columbia, Mo. 65211, GlasscockMiälmissouri.edu
73. Analytical Chemistry, Tukwila, Wa. 206-622-8353, www.ancheminc.com
74. http://www.museum.rntu.edu, www.mg.mtu.eduidistrict4.gif, www.mg.rntu.edulhist.htrn
75. Roach, J., "Bronze Age Factory Discovered in Jordan", National Geographic News 6/25/2002, htlp:Jlnews nationalgcographic.com/new~12002/0610620 020625 mctalfactorv .hlml
76. May, W., "Missing Link Discovered", Aneient American, Issue #12, pg.14
77. Childress, D.H., Lost Cities of North and Central America, Adventures Unlimited Press, IIlinois, 1992, (ISBN 0932813-09-7)
78. Herrmann, P., Conguest by Man, Harper & Brothers., N.Y., 1954
79. Wilkins, H., Secret Cities of South America, 1952, Adventures Unlimited Press, Kempton, III, p.291-292.
80. Farnoux, A. , Knossos, Abrams Ine., (ISBN 0-8109-2819-1) 


Fonte: http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=459

2 commenti:

  1. Pieno di illazioni e in qualche caso strafalcioni. La bibliografia è piena di refusi ed errori nei nomi degli autori, negli indirizzi web, e vengono riportate email personali di cui non si conosce il contenuto! Infine, tutto può darsi, siamo come ciechi su questo argomento, e la fascinosa suggestione di una provenienza americana nell'età del bronzo medio (ma come, chi e con quali rotte?) può incantare i giovani studenti e non solo.
    Comunque, un tassello in più per chi come me si occupa di metalli antichi ed in particolare del Progetto internazionale Le vie dello stagno di cui sono responsabile con Sebastiano Tusa e Jean Paul Morel.

    RispondiElimina
  2. Caro Mario, questo quotidiano on line che offro agli appassionati non ha mai ospitato un tuo articolo, e sarei ben felice di pubblicare qualche tua riflessione divulgativa su ciò che ti sta a cuore. Quando vorrai...

    RispondiElimina