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martedì 9 agosto 2016

Archeologia in Sardegna. Tomba di Giganti: simbolo di una testa di toro o di una donna partoriente?

Archeologia in Sardegna. Tomba di Giganti: simbolo di una testa di toro o di una donna partoriente?
di Pierluigi Montalbano


Un pannello del Museo Archeologico Genna Maria di Villanovaforru titola: «La madre genera e accoglie». Si riferisce alla vicina Tomba di Giganti di Dom'e s'Orcu, un monumentale sepolcro millenario che si staglia nell’altopiano basaltico della Giara di Siddi. Il territorio circostante è caratterizzato da una serie di nuraghi a corridoio posti a corona della Giara, tutti rivolti verso le fertili pianure sottostanti, testimonianza dei sistemi di antropizzazione sardi di 3500 anni fa. Lo studioso Ubaldo Badas sostiene un'affascinante suggestione, ossia che la forma delle sepolture collettive nuragiche, circa un migliaio disposte su tutta l'isola, rappresenti non una protome taurina (una testa di toro), ma una donna supina nell'atto di partorire, una madre che mette al mondo i suoi figli e poi li
riaccoglie nel suo utero. Seguendo il ragionamento di Badas, il simbolo rappresentato dal sepolcro è un richiamo alla femminilità. Si tratterebbe di evidenziare lo stretto legame che ricorreva tra vita e morte. Non un simbolo maschile dunque, come sostenuto dalle teorie più accreditate. I tori dovranno farsene una ragione, da oggi i ragionamenti sulla simbologia aniconica della Sardegna Nuragica si arricchiscono di nuove, accattivanti, proposte. Fra queste, la madre che dà alla luce e accoglie, che genera la vita e veglia sulla morte, ci piace assai. Naturalmente anche i nuraghi, i templi a megaron e i pozzi sacri, ossia tutti gli altri edifici di epoca nuragica, rivestono una funzione simbolica oltre quella pratica. E le ipotesi sono varie per ciascuna struttura. Ritornando alle Tombe di Giganti, questi monumentali sepolcri collettivi mostrano una camera funeraria lunga sino a 25 metri e chiusa da un abside, con deposizioni che arrivavano fino a centinaia di individui. Alte sino a 3 metri, in origine molte strutture erano parzialmente ricoperte da un tumulo di terra che lasciava scoperta la facciata, a volte dotata di una grande stele. Davanti alla piccola apertura, una porta dell’aldilà che separava il mondo dei vivi da quello dei morti, è quasi sempre presente una piazzetta rituale, inquadrata da un semicerchio murario (l’esedra), nel quale le antiche genti nuragiche si riunivano per l’ultimo saluto al defunto. 

Nell’immagine: la Tomba dei Giganti “Sa Grutta de Santu Giuanni”, nella valle solcata dal fiume Terra Maistus, tra Gonnosfanadiga e Arbus.

1 commento:

  1. Condivido con.il prof..Luigi Montalbano...rislessiomi di come..la civilta' nuragica assorbiva il ruolo della donna..e' da discutere...il volto..romantico...e un po' diffetrnte da quello antropologico..sui ruoli femminili..nuragici....

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